Sulla destinazione funzionale dei parcheggi

Published On: 26 Settembre 2018Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni, Varie

Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 5372 dello scorso 13 settembre 2018, si è pronunciato sul regime giuridico dei parcheggi con destinazione funzionale.
La controversia traeva origine dalla qualificazione giuridica degli spazi a parcheggio realizzati dalla società appellante nel quadro della convenzione urbanistica stipulata con un Comune , nel quadro dell’attuazione d’un piano particolareggiato. La società riteneva che trattandosi di parcheggi ‘funzionali’ (ai sensi dell’art. 5, lett. b), della legge regionale della Liguria n. 25 del 1995) – realizzati a parziale scomputo degli oneri di urbanizzazione e a titolo di urbanizzazione primaria – essi sarebbero di proprietà privata, con (mero) vincolo (specificamente funzionale) ad uso pubblico: di tal che la loro apertura dovrebbe essere limitata ai soli frequentatori degli esercizi produttivi (per la realizzazione dei quali erano, di fatto, stati assentiti) e, comunque, mai oltre l’orario di apertura degli stessi (come invece preteso dal Comune che ne chiedeva una generalizzata fruizione collettiva).
Il Giudice di appello muove la decisione dalla natura dei parcheggi di cui all’artt. 5, lett. b) della l.r. n. 25 del 1995, il quale distingue, ai fini della determinazione del contributo di permesso di costruire, cinque diversi tipi di spazi di sosta e parcheggio: a) “pertinenziali” (non soggetti a contributo e non scomputabili); b) (non pertinenziali ma direttamente) “funzionali” e, come tali asserviti ad un intervento edilizio (non soggetti a contributo e parzialmente scomputabili); c) “non pertinenziali e non funzionali” ad altro intervento edilizio (e perciò soggetti a contributo); d) “pubblici ad accesso libero” (naturalmente non soggetti a contributo); e) “realizzati e gestiti in base a convenzione” (assoggettati a contributo nei limiti scolpiti dalla convenzione, in funzione della regolamentazione delle modalità di fruizione).
I parcheggi oggetto della controversia –  pur se riconducibili a quelli  c.d. funzionali di cui alla lett. b) (in quanto specificamente “asserviti ad un intervento edilizio” – vanno ricompresi nelle opere di urbanizzazione primaria.
La realizzazione delle opere di urbanizzazione rientra infatti nelle attribuzioni dell’Amministrazione competente (di regola, quella comunale), mentre ai privati abilitati all’esercizio dello jus aedificandi compete, come è noto, la mera corresponsione di un “contributo” economico, per l’appunto commisurato (oltreché al costo di costruzione) alla “incidenza” dell’iniziativa edificatoria sulle necessarie e realizzande attrezzature, a sua volta parametrata – inter alia e per quanto di particolare interesse nel caso di specie – alle necessità di rispetto degli standard urbanistici.
È, peraltro, facoltà del Comune quella di concordare con il costruttore (con assunzione di apposito impegno risultante dal permesso di costruire, da apposita convenzione od atto unilaterale, con specifica indicazione delle relative modalità e garanzie) l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione (prefigurandosi, in tale eventualità, il correlativo “scomputo totale o parziale” della quota di oneri di costruzione dovuta: cfr. art. 16, comma 2 T.U. cit.): e – mentre nella ipotesi ordinaria le opere rientrano de plano tra i beni pubblici – in questo caso è, comunque, prevista la programmatica “acquisizione”, all’esito della realizzazione a cura e spese di privato, “al patrimonio indisponibile del comune”.
In entrambi i casi è del tutto evidente (sia sotto il profilo funzionale della destinazione che sotto il profilo strutturale, attuale o prospettico, della titolarità dei beni) che le opere in questione siano preordinate alla fruizione collettiva indifferenziata ed alla soddisfazione di bisogni generali: il che non appare contraddetto dalla sussistenza di specifici e concreti vincoli funzionali o pertinenziali.
Il decidente ha quindi concluso, ritenendo che per i parcheggi funzionali il mancato assoggettamento al “contributo di concessione edilizia” non discende – come nel caso dei parcheggi “pubblici ad accesso libero” – dall’obiettivo regime di appartenenza, ma dal riconoscimento del beneficio dello scomputo.
Nel caso di parcheggi realizzati in forza di apposita convenzione, le “modalità di fruizione” e la correlativa “misura” dello scomputo è rimessa, in concreto e volta per volta, al titolo convenzionale (comma 2, lett. e).
Per tali ragioni, le aree realizzate sono naturaliter destinate alla acquisizione in proprietà pubblica (cfr. art. 16, comma 2 T.U. n. 380/2001) e  l’esonero (o lo scomputo) degli oneri dovuti (che rimonta agli assetti convenzionali) risulta, per l’appunto, correlato alla generale fruizione collettiva, sia pure nel quadro della destinazione funzionale a servizio degli esercizi commerciali.
In definitiva, la rivendicazione di un uso riservato (nelle ore di chiusura degli esercizi commerciali) risulta smentita sia nella logica dominicale (che esclude la proprietà private delle aree), sia da quella funzionale (che preclude la sottrazione all’uso generale delle opere di urbanizzazione, tanto più nei casi – come quello di specie – in cui le stesse risultano realizzate a soddisfazione dei necessari standard urbanistici).

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Sulla destinazione funzionale dei parcheggi

Published On: 26 Settembre 2018

Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 5372 dello scorso 13 settembre 2018, si è pronunciato sul regime giuridico dei parcheggi con destinazione funzionale.
La controversia traeva origine dalla qualificazione giuridica degli spazi a parcheggio realizzati dalla società appellante nel quadro della convenzione urbanistica stipulata con un Comune , nel quadro dell’attuazione d’un piano particolareggiato. La società riteneva che trattandosi di parcheggi ‘funzionali’ (ai sensi dell’art. 5, lett. b), della legge regionale della Liguria n. 25 del 1995) – realizzati a parziale scomputo degli oneri di urbanizzazione e a titolo di urbanizzazione primaria – essi sarebbero di proprietà privata, con (mero) vincolo (specificamente funzionale) ad uso pubblico: di tal che la loro apertura dovrebbe essere limitata ai soli frequentatori degli esercizi produttivi (per la realizzazione dei quali erano, di fatto, stati assentiti) e, comunque, mai oltre l’orario di apertura degli stessi (come invece preteso dal Comune che ne chiedeva una generalizzata fruizione collettiva).
Il Giudice di appello muove la decisione dalla natura dei parcheggi di cui all’artt. 5, lett. b) della l.r. n. 25 del 1995, il quale distingue, ai fini della determinazione del contributo di permesso di costruire, cinque diversi tipi di spazi di sosta e parcheggio: a) “pertinenziali” (non soggetti a contributo e non scomputabili); b) (non pertinenziali ma direttamente) “funzionali” e, come tali asserviti ad un intervento edilizio (non soggetti a contributo e parzialmente scomputabili); c) “non pertinenziali e non funzionali” ad altro intervento edilizio (e perciò soggetti a contributo); d) “pubblici ad accesso libero” (naturalmente non soggetti a contributo); e) “realizzati e gestiti in base a convenzione” (assoggettati a contributo nei limiti scolpiti dalla convenzione, in funzione della regolamentazione delle modalità di fruizione).
I parcheggi oggetto della controversia –  pur se riconducibili a quelli  c.d. funzionali di cui alla lett. b) (in quanto specificamente “asserviti ad un intervento edilizio” – vanno ricompresi nelle opere di urbanizzazione primaria.
La realizzazione delle opere di urbanizzazione rientra infatti nelle attribuzioni dell’Amministrazione competente (di regola, quella comunale), mentre ai privati abilitati all’esercizio dello jus aedificandi compete, come è noto, la mera corresponsione di un “contributo” economico, per l’appunto commisurato (oltreché al costo di costruzione) alla “incidenza” dell’iniziativa edificatoria sulle necessarie e realizzande attrezzature, a sua volta parametrata – inter alia e per quanto di particolare interesse nel caso di specie – alle necessità di rispetto degli standard urbanistici.
È, peraltro, facoltà del Comune quella di concordare con il costruttore (con assunzione di apposito impegno risultante dal permesso di costruire, da apposita convenzione od atto unilaterale, con specifica indicazione delle relative modalità e garanzie) l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione (prefigurandosi, in tale eventualità, il correlativo “scomputo totale o parziale” della quota di oneri di costruzione dovuta: cfr. art. 16, comma 2 T.U. cit.): e – mentre nella ipotesi ordinaria le opere rientrano de plano tra i beni pubblici – in questo caso è, comunque, prevista la programmatica “acquisizione”, all’esito della realizzazione a cura e spese di privato, “al patrimonio indisponibile del comune”.
In entrambi i casi è del tutto evidente (sia sotto il profilo funzionale della destinazione che sotto il profilo strutturale, attuale o prospettico, della titolarità dei beni) che le opere in questione siano preordinate alla fruizione collettiva indifferenziata ed alla soddisfazione di bisogni generali: il che non appare contraddetto dalla sussistenza di specifici e concreti vincoli funzionali o pertinenziali.
Il decidente ha quindi concluso, ritenendo che per i parcheggi funzionali il mancato assoggettamento al “contributo di concessione edilizia” non discende – come nel caso dei parcheggi “pubblici ad accesso libero” – dall’obiettivo regime di appartenenza, ma dal riconoscimento del beneficio dello scomputo.
Nel caso di parcheggi realizzati in forza di apposita convenzione, le “modalità di fruizione” e la correlativa “misura” dello scomputo è rimessa, in concreto e volta per volta, al titolo convenzionale (comma 2, lett. e).
Per tali ragioni, le aree realizzate sono naturaliter destinate alla acquisizione in proprietà pubblica (cfr. art. 16, comma 2 T.U. n. 380/2001) e  l’esonero (o lo scomputo) degli oneri dovuti (che rimonta agli assetti convenzionali) risulta, per l’appunto, correlato alla generale fruizione collettiva, sia pure nel quadro della destinazione funzionale a servizio degli esercizi commerciali.
In definitiva, la rivendicazione di un uso riservato (nelle ore di chiusura degli esercizi commerciali) risulta smentita sia nella logica dominicale (che esclude la proprietà private delle aree), sia da quella funzionale (che preclude la sottrazione all’uso generale delle opere di urbanizzazione, tanto più nei casi – come quello di specie – in cui le stesse risultano realizzate a soddisfazione dei necessari standard urbanistici).

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