Sul principio di equivalenza delle specifiche tecniche

Published On: 8 Giugno 2019Categories: Appalti Pubblici e Concessioni

La V Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione numero 2991 dell’8 maggio 2019, ha fornito chiarimenti sulla portata del principio di equivalenza delle specifiche tecniche contenuto nel sesto comma dell’articolo 68 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, osservando come detto principio non trovi applicazione generale ed indiscriminata (ma solo nei casi in cui la legge di gara e le specifiche tecniche siano a tal punto dettagliate, da individuare sostanzialmente uno specifico “prodotto” presente sul mercato, con la conseguente necessità, in applicazione di tale principio, di consentire la partecipazione anche ai concorrenti che presentino un’offerta con caratteristiche comunque “equivalenti”).
Nel caso deciso, l’originaria aggiudicataria di un appalto di fornitura aveva gravato la pronuncia con cui il Giudice di prime cure – in accoglimento del ricorso proposto dalla seconda classificata – aveva ritenuto inammissibile l’offerta presentata dall’appellante medesima per carenza di un requisito espressamente richiesto dalle Specifiche Tecniche della lex specialis, deducendone la illegittimità nella misura in cui aveva omesso di considerare l’equivalenza funzionale della soluzione tecnica proposta, e comunque per mancata applicazione del sesto comma dell’articolo 68 del D.lgs. 50/2016.
Il Giudice del gravame ha anzitutto ritenuto inconferenti le considerazioni svolte dall’appellante circa l’equivalenza funzionale fra il prodotto offerto e quello richiesto dalla lex specialis di gara, alla luce delle specifiche tecniche strutturali e prestazionali univocamente dettagliate, richiamandosi per un verso al generale principio secondo cui “…l’amministrazione che indice una procedura selettiva è vincolata al rispetto delle previsioni della lex specialis della procedura medesima, le cui prescrizioni risultano intangibili e non possono essere modificate o disapplicate, salvo naturalmente l’eventuale esercizio del potere di autotutela. La stazione appaltante non conserva perciò alcun margine di discrezionalità nella concreta attuazione delle prescrizioni di gara, né può disapplicarle, neppure nel caso in cui alcune di tali regole eventualmente risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità di procedere all’annullamento ex officio delle stesse (ex multis, Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2015, n. 215; V, 22 marzo 2016, n. 1173; sez. III,13 gennaio 2016, n. 74)…”); ed affermando, per altro verso, come la tesi della dedotta equivalenza funzionale fosse fondata su valutazioni di merito finalizzate a superare, tramite un’inammissibile interpretazione integrativa della norma, il chiaro tenore testuale della lex specialis di gara.
Il Supremo Consesso altresì, ha rigettato la censura d’appello relativa all’omessa applicazione del principio generale di equivalenza delle soluzioni tecniche, precisando come in realtà detto principio manca dei caratteri di generalità ed immanenza nell’ordinamento e può ritenersi operativo solo se ed in quanto ne risultino in concreto integrati gli specifici requisiti.
Tale principio invero, “…espresso dapprima nell’art. 68 del d.lgs. n. 163 del 2006 e quindi dall’art. 68, comma 6, del d.lgs. n. 5 del 2016, concepito a tutela della concorrenza, trova applicazione nel senso che qualora siano inserite nella legge di gara delle specifiche tecniche a tal punto dettagliate da poter individuare un dato prodotto in maniera assolutamente precisa (con una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare, con riferimento a un marchio o ad un brevetto), ipotesi che qui non ricorre, per favorire la massima partecipazione deve essere data la possibilità della proposta che ottemperi in maniera equivalente agli stessi requisiti. In estrema sintesi, tale principio vincola infatti l’amministrazione solo qualora il bando di gara, il capitolato d’oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti; tale indicazione deve essere accompagnata già nel bando dall’espressione “o equivalente” (ex multis, Cons. Stato, III, 11 luglio 2016, n. 3029)…”.
Sulla scorta di tali coordinate, pertanto, il Supremo Consesso, dopo aver ribadito la non conformità della soluzione tecnica proposta a quanto inderogabilmente prescritto dalle specifiche tecniche delineate dalla lex specialis, ha ha integralmente confermato la decisione di prime cure, precisando infine come “nessuna rilevanza può avere l’omessa comminatoria della esclusione nel capitolato di gara, dal momento che l’offerta carente dell’elemento considerato si configura come difforme dalle caratteristiche della fornitura, volute dalla stazione appaltante” (ex multis, già Cons. Stato, VI, 19 aprile 2011, n. 2427).
 

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Sul principio di equivalenza delle specifiche tecniche

Published On: 8 Giugno 2019

La V Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione numero 2991 dell’8 maggio 2019, ha fornito chiarimenti sulla portata del principio di equivalenza delle specifiche tecniche contenuto nel sesto comma dell’articolo 68 del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, osservando come detto principio non trovi applicazione generale ed indiscriminata (ma solo nei casi in cui la legge di gara e le specifiche tecniche siano a tal punto dettagliate, da individuare sostanzialmente uno specifico “prodotto” presente sul mercato, con la conseguente necessità, in applicazione di tale principio, di consentire la partecipazione anche ai concorrenti che presentino un’offerta con caratteristiche comunque “equivalenti”).
Nel caso deciso, l’originaria aggiudicataria di un appalto di fornitura aveva gravato la pronuncia con cui il Giudice di prime cure – in accoglimento del ricorso proposto dalla seconda classificata – aveva ritenuto inammissibile l’offerta presentata dall’appellante medesima per carenza di un requisito espressamente richiesto dalle Specifiche Tecniche della lex specialis, deducendone la illegittimità nella misura in cui aveva omesso di considerare l’equivalenza funzionale della soluzione tecnica proposta, e comunque per mancata applicazione del sesto comma dell’articolo 68 del D.lgs. 50/2016.
Il Giudice del gravame ha anzitutto ritenuto inconferenti le considerazioni svolte dall’appellante circa l’equivalenza funzionale fra il prodotto offerto e quello richiesto dalla lex specialis di gara, alla luce delle specifiche tecniche strutturali e prestazionali univocamente dettagliate, richiamandosi per un verso al generale principio secondo cui “…l’amministrazione che indice una procedura selettiva è vincolata al rispetto delle previsioni della lex specialis della procedura medesima, le cui prescrizioni risultano intangibili e non possono essere modificate o disapplicate, salvo naturalmente l’eventuale esercizio del potere di autotutela. La stazione appaltante non conserva perciò alcun margine di discrezionalità nella concreta attuazione delle prescrizioni di gara, né può disapplicarle, neppure nel caso in cui alcune di tali regole eventualmente risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità di procedere all’annullamento ex officio delle stesse (ex multis, Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2015, n. 215; V, 22 marzo 2016, n. 1173; sez. III,13 gennaio 2016, n. 74)…”); ed affermando, per altro verso, come la tesi della dedotta equivalenza funzionale fosse fondata su valutazioni di merito finalizzate a superare, tramite un’inammissibile interpretazione integrativa della norma, il chiaro tenore testuale della lex specialis di gara.
Il Supremo Consesso altresì, ha rigettato la censura d’appello relativa all’omessa applicazione del principio generale di equivalenza delle soluzioni tecniche, precisando come in realtà detto principio manca dei caratteri di generalità ed immanenza nell’ordinamento e può ritenersi operativo solo se ed in quanto ne risultino in concreto integrati gli specifici requisiti.
Tale principio invero, “…espresso dapprima nell’art. 68 del d.lgs. n. 163 del 2006 e quindi dall’art. 68, comma 6, del d.lgs. n. 5 del 2016, concepito a tutela della concorrenza, trova applicazione nel senso che qualora siano inserite nella legge di gara delle specifiche tecniche a tal punto dettagliate da poter individuare un dato prodotto in maniera assolutamente precisa (con una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare, con riferimento a un marchio o ad un brevetto), ipotesi che qui non ricorre, per favorire la massima partecipazione deve essere data la possibilità della proposta che ottemperi in maniera equivalente agli stessi requisiti. In estrema sintesi, tale principio vincola infatti l’amministrazione solo qualora il bando di gara, il capitolato d’oneri o i documenti complementari dettagliatamente menzionano un marchio, un brevetto o un tipo, un’origine o una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti; tale indicazione deve essere accompagnata già nel bando dall’espressione “o equivalente” (ex multis, Cons. Stato, III, 11 luglio 2016, n. 3029)…”.
Sulla scorta di tali coordinate, pertanto, il Supremo Consesso, dopo aver ribadito la non conformità della soluzione tecnica proposta a quanto inderogabilmente prescritto dalle specifiche tecniche delineate dalla lex specialis, ha ha integralmente confermato la decisione di prime cure, precisando infine come “nessuna rilevanza può avere l’omessa comminatoria della esclusione nel capitolato di gara, dal momento che l’offerta carente dell’elemento considerato si configura come difforme dalle caratteristiche della fornitura, volute dalla stazione appaltante” (ex multis, già Cons. Stato, VI, 19 aprile 2011, n. 2427).
 

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