Sul sindacato del Giudice Amministrativo in materia di giustizia sportiva

Published On: 24 Luglio 2018Categories: Tutele

Il Tribunale Amministrativo del Lazio, con la recente sentenza del 23 luglio 2018 numero 8319, ha chiarito alcune importanti questioni concernenti i limiti del sindacato del Giudice Amministrativo sull’esercizio del potere disciplinare da parte degli organismi delle Federazioni sportive e del CONI.
Col ricorso introduttivo del giudizio, una società di rugby iscritta al campionato di eccellenza FIR (Federazione Italiana Rugby) per l’anno 2016/2017 ha chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI che confermava la sanzione inflitta in primo grado dal giudice sportivo nazionale, consistente nell’irrogazione della perdita di complessivi 8 punti in classifica, per aver inserito nell’elenco giocatori d’una partita giocata nella medesima stagione 2016/2017, un numero superiore di tesserati di formazione estera (5 giocatori invece di 4), in violazione di quanto previsto dalla normativa regolamentare interna (ciò che, secondo la società ricorrente, aveva determinato il mancato ingresso ai play off per l’accesso al campionato di categoria superiore).
E ciò, lamentandosi l’erroneità della decisione del Collegio di Garanzia (e, quindi, della sanzione inflitta dal giudice sportivo) sotto due profili: i) assenza dell’elemento oggettivo dell’illecito, sul presupposto che il Consiglio Federale FIR, con delibera del 16 marzo 2016, n. 31, aveva previsto che un giocatore di formazione estera che disputi almeno un test match ufficiale con la nazionale italiana under 20 fosse “equiparato” ad un atleta di formazione italiana (avendo il giocatore nello specifico contestato, disputato,  nella stagione 2015/2016, tre incontri con la nazionale italiana under 20, a prescindere dal tesseramento che lo aveva inquadrato come giocatore di formazione estera); ii) mancata valutazione da parte del Collegio di Garanzia del CONI dell’elemento soggettivo dell’illecito (dolo o colpa), come richiesto dall’art. 3, comma 1, del regolamento di giustizia sportiva FIR.
I Giudici capitolini hanno tuttavia respinto ricorso, ritenendo di non poter entrare nel merito di quanto censurato, ai fini risarcitori, da parte ricorrente.
Essi, invero, richiamando la nota sentenza della Corte Costituzionale numero 49/2011, hanno anzitutto ribadito che “..la tutela risarcitoria da parte del giudice amministrativo è ammissibile quando sussistano «scorrettezze» nello svolgimento dei gradi della giustizia sportiva tali da comportare la violazione di diritti indisponibili..”(cfr, per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3065/2017).
Quindi, hanno ritenuto essenziale verificare “..se il sindacato del giudice amministrativo sugli atti della giustizia sportiva, ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti per il risarcimento danni sotto il profilo del c.d. danno ingiusto, possa giungere fino a ricalcare quello tipico del controllo estrinseco svolto sull’esercizio del potere amministrativo (nel caso di specie, disciplinare), come quelli collegati ai vizi di illogicità e di irragionevolezza della motivazione ovvero alla violazione dei principi di gradualità e proporzionalità della sanzione disciplinare”.
La risposta del Collegio decidente è stata negativa.
“..La salvaguardia del principio di autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale imposto dalla normativa primaria ..” ha invero osservato il Collegio “..non consent(e) di mutuare i principi tipici in materia di sindacato del giudice amministrativo sull’azione amministrativa”; con la conseguenza che “..non è configurabile un caso di «eccesso di potere giurisdizionale» nel caso di mero dissenso nell’interpretazione della norma di riferimento; ciò in quanto, l’interpretazione della legge (o della norma), svolta da un determinato organo di giustizia individuato per legge, costituisce il proprium della funzione giudicante, salvo il caso di un radicale (nel senso di abnorme) stravolgimento della norma stessa (una tale ipotesi, ad esempio, è sempre da escludere laddove il testo della norma non sia univoco e l’interpretazione adottata, seppure opinabile, sia comunque sorretta da una motivazione plausibile)”.
Applicando alla fattispecie le suesposte coordinate ermeneutiche, il Tar Lazio ha osservato che il petitum del ricorso si esauriva nella verifica della correttezza dell’interpretazione fornita da ultimo  dal Collegio di garanzia del CONI (e dal giudice sportivo nazionale) della norma contenuta nella delibera del 16 marzo 2016, n. 31 del Consiglio federale FIR”  e che questa interpretazione, in realtà, è rimasta ampiamente nei limiti interni della funzione giudicante” … tanto che una diversa lettura da parte del giudice amministrativo costituirebbe, invero, una lesione del principio di autonomia riconosciuto agli organi di giustizia sportiva”.
Da ciò è dunque derivato il rigetto della domanda risarcitoria affidata al ricorso.
 
 

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Sul sindacato del Giudice Amministrativo in materia di giustizia sportiva

Published On: 24 Luglio 2018

Il Tribunale Amministrativo del Lazio, con la recente sentenza del 23 luglio 2018 numero 8319, ha chiarito alcune importanti questioni concernenti i limiti del sindacato del Giudice Amministrativo sull’esercizio del potere disciplinare da parte degli organismi delle Federazioni sportive e del CONI.
Col ricorso introduttivo del giudizio, una società di rugby iscritta al campionato di eccellenza FIR (Federazione Italiana Rugby) per l’anno 2016/2017 ha chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI che confermava la sanzione inflitta in primo grado dal giudice sportivo nazionale, consistente nell’irrogazione della perdita di complessivi 8 punti in classifica, per aver inserito nell’elenco giocatori d’una partita giocata nella medesima stagione 2016/2017, un numero superiore di tesserati di formazione estera (5 giocatori invece di 4), in violazione di quanto previsto dalla normativa regolamentare interna (ciò che, secondo la società ricorrente, aveva determinato il mancato ingresso ai play off per l’accesso al campionato di categoria superiore).
E ciò, lamentandosi l’erroneità della decisione del Collegio di Garanzia (e, quindi, della sanzione inflitta dal giudice sportivo) sotto due profili: i) assenza dell’elemento oggettivo dell’illecito, sul presupposto che il Consiglio Federale FIR, con delibera del 16 marzo 2016, n. 31, aveva previsto che un giocatore di formazione estera che disputi almeno un test match ufficiale con la nazionale italiana under 20 fosse “equiparato” ad un atleta di formazione italiana (avendo il giocatore nello specifico contestato, disputato,  nella stagione 2015/2016, tre incontri con la nazionale italiana under 20, a prescindere dal tesseramento che lo aveva inquadrato come giocatore di formazione estera); ii) mancata valutazione da parte del Collegio di Garanzia del CONI dell’elemento soggettivo dell’illecito (dolo o colpa), come richiesto dall’art. 3, comma 1, del regolamento di giustizia sportiva FIR.
I Giudici capitolini hanno tuttavia respinto ricorso, ritenendo di non poter entrare nel merito di quanto censurato, ai fini risarcitori, da parte ricorrente.
Essi, invero, richiamando la nota sentenza della Corte Costituzionale numero 49/2011, hanno anzitutto ribadito che “..la tutela risarcitoria da parte del giudice amministrativo è ammissibile quando sussistano «scorrettezze» nello svolgimento dei gradi della giustizia sportiva tali da comportare la violazione di diritti indisponibili..”(cfr, per tutte, Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3065/2017).
Quindi, hanno ritenuto essenziale verificare “..se il sindacato del giudice amministrativo sugli atti della giustizia sportiva, ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti per il risarcimento danni sotto il profilo del c.d. danno ingiusto, possa giungere fino a ricalcare quello tipico del controllo estrinseco svolto sull’esercizio del potere amministrativo (nel caso di specie, disciplinare), come quelli collegati ai vizi di illogicità e di irragionevolezza della motivazione ovvero alla violazione dei principi di gradualità e proporzionalità della sanzione disciplinare”.
La risposta del Collegio decidente è stata negativa.
“..La salvaguardia del principio di autonomia tra l’ordinamento sportivo e quello statale imposto dalla normativa primaria ..” ha invero osservato il Collegio “..non consent(e) di mutuare i principi tipici in materia di sindacato del giudice amministrativo sull’azione amministrativa”; con la conseguenza che “..non è configurabile un caso di «eccesso di potere giurisdizionale» nel caso di mero dissenso nell’interpretazione della norma di riferimento; ciò in quanto, l’interpretazione della legge (o della norma), svolta da un determinato organo di giustizia individuato per legge, costituisce il proprium della funzione giudicante, salvo il caso di un radicale (nel senso di abnorme) stravolgimento della norma stessa (una tale ipotesi, ad esempio, è sempre da escludere laddove il testo della norma non sia univoco e l’interpretazione adottata, seppure opinabile, sia comunque sorretta da una motivazione plausibile)”.
Applicando alla fattispecie le suesposte coordinate ermeneutiche, il Tar Lazio ha osservato che il petitum del ricorso si esauriva nella verifica della correttezza dell’interpretazione fornita da ultimo  dal Collegio di garanzia del CONI (e dal giudice sportivo nazionale) della norma contenuta nella delibera del 16 marzo 2016, n. 31 del Consiglio federale FIR”  e che questa interpretazione, in realtà, è rimasta ampiamente nei limiti interni della funzione giudicante” … tanto che una diversa lettura da parte del giudice amministrativo costituirebbe, invero, una lesione del principio di autonomia riconosciuto agli organi di giustizia sportiva”.
Da ciò è dunque derivato il rigetto della domanda risarcitoria affidata al ricorso.
 
 

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