Sanzioni applicabili in caso di difformità parziali dalla concessione edilizia di ristrutturazione

Published On: 23 Maggio 2019Categories: Edilizia, Urbanistica ed Espropriazioni

Con la sentenza del 21.05.2019 n. 3280, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima l’ordinanza di demolizione di un manufatto a due piani fuori terra, eseguito in maniera difforme dalla concessione edilizia di ristrutturazione, ed in violazione delle norme in materia di distanze fra edifici, sulle scorta delle seguenti argomentazioni:

  1. respingendo le tesi difensive esposte da parte appellante avuto riguardo alla risalenza del manufatto e alla ritenuta rilevanza dell’originario sedime anche rispetto alle norme sulle distanze, il Consiglio di Stato ha ribadito il principio per cui le previsioni di cui all’ art. 9, d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 — riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici — essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza, quanto piuttosto l’igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose, devono considerarsi assolutamente inderogabili da parte dei Comuni, che si devono attenere ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le norme del succitato d.m. n. 1444 del 1968 la propria efficacia dall’ art. 41 quinquies comma 8, l.17 agosto 1942, n. 1150 — in tale parte non abrogato dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 — le relative previsioni devono considerarsi avere una efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi; pertanto, ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. ad es.. Consiglio di Stato, sez. IV , 30/10/2017 , n. 4992). Conseguentemente, “….a fronte di una difformità, dal titolo rilasciato, in violazione delle distanze, il conseguente abuso va sanzionato, senza che possa in contrario valere un eventuale accordo fra privati. Né un titolo edilizio sopravvenuto, rispetto all’originaria prima costruzione, può tacitamente legittimare una violazione delle distanze stesse…”;
  2. la sanzione ripristinatoria costituisce atto vincolato, per la cui adozione non è necessaria la valutazione specifica delle ragioni di interesse pubblico, né la comparazione di questi con gli interessi privati coinvolti, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo in alcun modo ammissibile l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2018, n. 4368);
  3. anche gli interventi edilizi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire soggiacciano alla sanzione demolitoria, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, si debba applicare la sanzione pecuniaria (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 4/06/2018, n. 3371);
  4. con riguardo agli interventi e alle opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, “…la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dall’ art. 34 (ndr. del TU edilizia), deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva e autonoma rispetto all’ordine di demolizione. In quella sede, le parti ben possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 9/7/2018, n. 4169)…“.

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Sanzioni applicabili in caso di difformità parziali dalla concessione edilizia di ristrutturazione

Published On: 23 Maggio 2019

Con la sentenza del 21.05.2019 n. 3280, il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima l’ordinanza di demolizione di un manufatto a due piani fuori terra, eseguito in maniera difforme dalla concessione edilizia di ristrutturazione, ed in violazione delle norme in materia di distanze fra edifici, sulle scorta delle seguenti argomentazioni:

  1. respingendo le tesi difensive esposte da parte appellante avuto riguardo alla risalenza del manufatto e alla ritenuta rilevanza dell’originario sedime anche rispetto alle norme sulle distanze, il Consiglio di Stato ha ribadito il principio per cui le previsioni di cui all’ art. 9, d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 — riguardanti la distanza minima da osservarsi tra edifici — essendo funzionali a garantire non tanto la riservatezza, quanto piuttosto l’igiene e la salubrità dei luoghi e la formazione di intercapedini dannose, devono considerarsi assolutamente inderogabili da parte dei Comuni, che si devono attenere ad esse in sede di formazione e revisione degli strumenti urbanistici; inoltre, traendo le norme del succitato d.m. n. 1444 del 1968 la propria efficacia dall’ art. 41 quinquies comma 8, l.17 agosto 1942, n. 1150 — in tale parte non abrogato dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 — le relative previsioni devono considerarsi avere una efficacia immediatamente precettiva e tale da potersi sostituire alle eventuali norme di piano regolatore ad esse non conformi; pertanto, ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione o comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. ad es.. Consiglio di Stato, sez. IV , 30/10/2017 , n. 4992). Conseguentemente, “….a fronte di una difformità, dal titolo rilasciato, in violazione delle distanze, il conseguente abuso va sanzionato, senza che possa in contrario valere un eventuale accordo fra privati. Né un titolo edilizio sopravvenuto, rispetto all’originaria prima costruzione, può tacitamente legittimare una violazione delle distanze stesse…”;
  2. la sanzione ripristinatoria costituisce atto vincolato, per la cui adozione non è necessaria la valutazione specifica delle ragioni di interesse pubblico, né la comparazione di questi con gli interessi privati coinvolti, né tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non essendo in alcun modo ammissibile l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2018, n. 4368);
  3. anche gli interventi edilizi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire soggiacciano alla sanzione demolitoria, a meno che, non potendo essa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, si debba applicare la sanzione pecuniaria (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 4/06/2018, n. 3371);
  4. con riguardo agli interventi e alle opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, “…la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dall’ art. 34 (ndr. del TU edilizia), deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva e autonoma rispetto all’ordine di demolizione. In quella sede, le parti ben possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 9/7/2018, n. 4169)…“.

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