Informativa antimafia emessa a seguito di rinvio a giudizio

Published On: 12 Giugno 2019Categories: Pubblica Amministrazione, Tutele

Il provvedimento di rinvio a giudizio per uno dei delitti di cui all’art. 84, co. 4, lett. a) d.lgs. 159/11 non appare sufficiente, di per sé solo, a motivare una informativa antimafia, non potendosi realizzare un automatismo tra il decreto con cui è disposto il giudizio e il provvedimento prefettizio.

In questi termini si è pronunciata la Prima Sezione del TAR Sicilia di Catania la quale, con la decisione dell’11 giugno 2019 n.1427 qui segnalata, ha ritenuto illegittima, per difetto di motivazione ed ha per ciò annullato, una informativa antimafia negativa emessa a seguito ed in considerazione del mero rinvio a giudizio disposto a carico del legale rappresentante d’una società (per il reato di traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 260 del 152/06, al quale l’art. 84, co. 4 lett. a) del 159/11 riconosce valenza sintomatica), siccome non accompagnata da un autonomo apprezzamento da parte della Prefettura degli elementi emersi a carico degli interessati, in sede penale.

A tale conclusione, il Collegio è pervenuto, richiamando quella costante giurisprudenza (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981), secondo la quale  “…l’informativa antimafia interdittiva non può sostanziarsi in un sospetto o in una vaga intuizione di pericolo di infiltrazione mafiosa che renderebbe l’istituto completamente incompatibile con una serie di principi di natura costituzionale (cfr. T.A.R. Calabria – Sez. I, 20 marzo 2019 n. 609), ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, tra cui quelli tipizzati dal legislatore (i cc.dd. delitti spia), i quali tuttavia non possono essere assunti acriticamente a sostegno del provvedimento interdittivo, ma devono essere dotati di individualità, concretezza ed attualità, per fondare una seria prognosi di permeabilità mafiosa.

In altri termini, continua il Collegio, “….occorre distinguere il valore estrinseco del provvedimento giurisdizionale emesso in sede penale per uno dei delitti-spia di cui al predetto articolo 84, comma 4, del decreto legislativo 159/2011, quale fatto astrattamente sintomatico di un pericolo di infiltrazione mafiosa, dall’autonomo apprezzamento che il Prefetto deve compiere del provvedimento emesso in sede penale: “…l’informativa antimafia è infatti per sua stessa ragion d’essere un provvedimento discrezionale, e non vincolato, che deve fondarsi su di un autonomo apprezzamento degli elementi delle indagini svolte, o dei provvedimenti emessi in sede penale, da parte dell’autorità prefettizia…” (cfr., Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981)…”.

E ciò, osservandosi ancora ed in definitiva, come “…l’equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco, la libertà di impresa, da un lato, e la tutela dei fondamentali beni che presidiano il principio di legalità sostanziale … richiedono alla Prefettura un’attenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa, e a sua volta impongono al giudice amministrativo un altrettanto approfondito esame di tali elementi, singolarmente e nella loro intima connessione, per assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto nell’esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale…” (cfr. Consiglio di Stato – Sezione III, 25 maggio 2018 n. 3138 e 9 febbraio 2017 n. 565)…”.

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Informativa antimafia emessa a seguito di rinvio a giudizio

Published On: 12 Giugno 2019

Il provvedimento di rinvio a giudizio per uno dei delitti di cui all’art. 84, co. 4, lett. a) d.lgs. 159/11 non appare sufficiente, di per sé solo, a motivare una informativa antimafia, non potendosi realizzare un automatismo tra il decreto con cui è disposto il giudizio e il provvedimento prefettizio.

In questi termini si è pronunciata la Prima Sezione del TAR Sicilia di Catania la quale, con la decisione dell’11 giugno 2019 n.1427 qui segnalata, ha ritenuto illegittima, per difetto di motivazione ed ha per ciò annullato, una informativa antimafia negativa emessa a seguito ed in considerazione del mero rinvio a giudizio disposto a carico del legale rappresentante d’una società (per il reato di traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 260 del 152/06, al quale l’art. 84, co. 4 lett. a) del 159/11 riconosce valenza sintomatica), siccome non accompagnata da un autonomo apprezzamento da parte della Prefettura degli elementi emersi a carico degli interessati, in sede penale.

A tale conclusione, il Collegio è pervenuto, richiamando quella costante giurisprudenza (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981), secondo la quale  “…l’informativa antimafia interdittiva non può sostanziarsi in un sospetto o in una vaga intuizione di pericolo di infiltrazione mafiosa che renderebbe l’istituto completamente incompatibile con una serie di principi di natura costituzionale (cfr. T.A.R. Calabria – Sez. I, 20 marzo 2019 n. 609), ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, tra cui quelli tipizzati dal legislatore (i cc.dd. delitti spia), i quali tuttavia non possono essere assunti acriticamente a sostegno del provvedimento interdittivo, ma devono essere dotati di individualità, concretezza ed attualità, per fondare una seria prognosi di permeabilità mafiosa.

In altri termini, continua il Collegio, “….occorre distinguere il valore estrinseco del provvedimento giurisdizionale emesso in sede penale per uno dei delitti-spia di cui al predetto articolo 84, comma 4, del decreto legislativo 159/2011, quale fatto astrattamente sintomatico di un pericolo di infiltrazione mafiosa, dall’autonomo apprezzamento che il Prefetto deve compiere del provvedimento emesso in sede penale: “…l’informativa antimafia è infatti per sua stessa ragion d’essere un provvedimento discrezionale, e non vincolato, che deve fondarsi su di un autonomo apprezzamento degli elementi delle indagini svolte, o dei provvedimenti emessi in sede penale, da parte dell’autorità prefettizia…” (cfr., Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981)…”.

E ciò, osservandosi ancora ed in definitiva, come “…l’equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco, la libertà di impresa, da un lato, e la tutela dei fondamentali beni che presidiano il principio di legalità sostanziale … richiedono alla Prefettura un’attenta valutazione di tali elementi, che devono offrire un quadro chiaro, completo e convincente del pericolo di infiltrazione mafiosa, e a sua volta impongono al giudice amministrativo un altrettanto approfondito esame di tali elementi, singolarmente e nella loro intima connessione, per assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto nell’esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale…” (cfr. Consiglio di Stato – Sezione III, 25 maggio 2018 n. 3138 e 9 febbraio 2017 n. 565)…”.

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