DASPO per i "tifosi" delle squadre di calcio

Published On: 13 Febbraio 2019Categories: Pubblica Amministrazione, Varie

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 4 febbraio 2019 numero 866 che qui si segnala, ha chiarito alcuni punti importanti in tema di natura e motivazione del provvedimento amministrativo di DASPO.
I Giudici di Palazzo Spada, con la decisione in rassegna, hanno ribaltato l’esito di primo grado e giudicato legittimi i Daspo emessi dalla Questura di Roma nei confronti di un gruppo di tifosi che, dopo una finale di calcio avevano creato tafferugli, devastato un locale e accoltellato alcuni clienti che si trovavano per caso all’interno del locale medesimo.
E ciò, precisando che il Daspo è una misura di carattere preventivo e non sanzionatorio (come chiarito anche dalla Cedu nel novembre 2018, in un caso croato) e che per il Daspo disposto dal Questore, come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione, deve valere la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del Daspo.
È dunque sufficiente una dimostrazione fondata su «elementi di fatto» gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità, come è nel caso di specie, sulla base della documentazione in questa sede prodotta».
Infine, con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo, la Sezione rileva che, anche prima delle modifiche introdotte dal Dl n. 114 del 2014 all’art. 6, l. n. 401 del 1989, «un comportamento di gruppo non ha mai escluso la possibilità di individuare col Daspo (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo» (Cons. St., sez. III, 4 novembre 2015, n. 5027; Cons. St., sez. III, 31 luglio 2018, n. 4716).
E ciò, fermo restando che se è vero che la riforma del d.l. n. 119 del 2014, conv. con mod. in l. n. 146 del 2014, «nel solco della legislazione “compulsiva” che ha caratterizzato la disciplina diretta a prevenire violenze in occasioni di manifestazioni sportive» (Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2016, n. 22266), ha inteso accentuare anche la responsabilità del gruppo, essa non ha però voluto introdurre nel nostro ordinamento una “colpa normativa d’autore” riconducibile ad ancestrali concezioni di responsabilità collettiva, sicché occorre pur sempre tener presente il contributo dato dal singolo, anche solo sul piano psichico, all’azione del gruppo (cfr. Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2016, n. 22266).
“Non è dunque la presenza nel gruppo a rilevare ai fini dell’applicazione del DASPO”, osserva dunque il Collegio, richiamandosi al precedente della Cassazione penale appena citato “..bensì la partecipazione individuale all’azione del gruppo, partecipazione che, nel caso di specie, non si può tuttavia negare quantomeno sul piano morale e del reciproco rafforzamento nel proposito di attuare il loro disegno vendicativo, sulla scorta di tutti gli elementi sin qui considerati, da parte di tutti e ciascuno singolarmente gli occupanti del primo pullman per avere essi, tutti, preso parte – quantomeno sul piano morale se non materiale – all’azione violenta, dopo essere scesi dal pullman, che infatti era rimasto vuoto senza alcun posto a sedere occupato, come è emerso dalle dichiarazioni dell’autista…”.
 

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DASPO per i "tifosi" delle squadre di calcio

Published On: 13 Febbraio 2019

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 4 febbraio 2019 numero 866 che qui si segnala, ha chiarito alcuni punti importanti in tema di natura e motivazione del provvedimento amministrativo di DASPO.
I Giudici di Palazzo Spada, con la decisione in rassegna, hanno ribaltato l’esito di primo grado e giudicato legittimi i Daspo emessi dalla Questura di Roma nei confronti di un gruppo di tifosi che, dopo una finale di calcio avevano creato tafferugli, devastato un locale e accoltellato alcuni clienti che si trovavano per caso all’interno del locale medesimo.
E ciò, precisando che il Daspo è una misura di carattere preventivo e non sanzionatorio (come chiarito anche dalla Cedu nel novembre 2018, in un caso croato) e che per il Daspo disposto dal Questore, come per tutto il diritto amministrativo della prevenzione, deve valere la logica del “più probabile che non”, non richiedendosi la certezza ogni oltre ragionevole dubbio che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del Daspo.
È dunque sufficiente una dimostrazione fondata su «elementi di fatto» gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico improntato ad una elevata attendibilità, come è nel caso di specie, sulla base della documentazione in questa sede prodotta».
Infine, con specifico riferimento ad eventuali condotte individuali estrinsecatesi in azioni di gruppo, la Sezione rileva che, anche prima delle modifiche introdotte dal Dl n. 114 del 2014 all’art. 6, l. n. 401 del 1989, «un comportamento di gruppo non ha mai escluso la possibilità di individuare col Daspo (una somma di) responsabilità individuali omogenee, qualora queste fossero supportate da elementi diretti o presuntivi che consentissero di affermare la inequivoca e consapevole partecipazione dei singoli al comportamento di gruppo» (Cons. St., sez. III, 4 novembre 2015, n. 5027; Cons. St., sez. III, 31 luglio 2018, n. 4716).
E ciò, fermo restando che se è vero che la riforma del d.l. n. 119 del 2014, conv. con mod. in l. n. 146 del 2014, «nel solco della legislazione “compulsiva” che ha caratterizzato la disciplina diretta a prevenire violenze in occasioni di manifestazioni sportive» (Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2016, n. 22266), ha inteso accentuare anche la responsabilità del gruppo, essa non ha però voluto introdurre nel nostro ordinamento una “colpa normativa d’autore” riconducibile ad ancestrali concezioni di responsabilità collettiva, sicché occorre pur sempre tener presente il contributo dato dal singolo, anche solo sul piano psichico, all’azione del gruppo (cfr. Cass. pen., sez. III, 27 maggio 2016, n. 22266).
“Non è dunque la presenza nel gruppo a rilevare ai fini dell’applicazione del DASPO”, osserva dunque il Collegio, richiamandosi al precedente della Cassazione penale appena citato “..bensì la partecipazione individuale all’azione del gruppo, partecipazione che, nel caso di specie, non si può tuttavia negare quantomeno sul piano morale e del reciproco rafforzamento nel proposito di attuare il loro disegno vendicativo, sulla scorta di tutti gli elementi sin qui considerati, da parte di tutti e ciascuno singolarmente gli occupanti del primo pullman per avere essi, tutti, preso parte – quantomeno sul piano morale se non materiale – all’azione violenta, dopo essere scesi dal pullman, che infatti era rimasto vuoto senza alcun posto a sedere occupato, come è emerso dalle dichiarazioni dell’autista…”.
 

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