Danno da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 gennaio 2019 numero 20, si è espresso in materia di danno da ritardo relativo ad un interesse legittimo pretensivo, individuando i presupposti per la risarcibilità del danno arrecato dall’esercizio non tempestivo della funzione amministrativa.
I Giudici di Palazzo Spada hanno in particolare dato continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui – ogniqualvolta il privato non censura la determinazione amministrativa che ha negato la spettanza del bene della vita, ma si lamenta unicamente del ritardo nella conclusione del procedimento – il risarcimento del danno da ritardo relativo all’interesse legittimo pretensivo del privato “…non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita ed è subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse; ciò in quanto l’entrata in vigore dell’ art. 2-bis della legge n 241 del 1990 non ha elevato a bene della vita, suscettibile di autonoma protezione mediante il risarcimento del danno, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale, al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato” (cfr. sentenza, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834; sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4260).
E ciò in quanto “..il principio generale dell’onere della prova, previsto nell’ art. 2697 c.c. , si applica anche all’azione di risarcimento per danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, con la conseguenza che spetta al danneggiato dare in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria e, quindi, del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario; ciò riguarda anche il danno da ritardo, atteso che la relativa pretesa risarcitoria va ricondotta allo schema generale dell’ art. 2043 c.c. , con conseguente applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito, con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall’ art. 2697 comma 1, c.c. , opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento..” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 701).
Sicché, ai fini della risarcibilità del danno da ritardo per intempestiva emanazione del provvedimento amministrativo che ha (tardivamente) rigettato l’istanza del privato, quest’ultimo è tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti oggettivi del risarcimento invocato (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subìto), nonché quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa della P.A.), con la precisazione che “..la valutazione di questi ultimi non può essere fondata soltanto sul dato oggettivo del procrastinarsi del procedimento amministrativo..” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 giugno 2018, n. 3730).
Infine, il Consiglio di Stato sul punto precisa ulteriormente che, in conformità ai principi solidaristici che informano l’ordinamento e che impongono di attivarsi nel limite di un apprezzabile sacrificio al fine di evitare che la situazione produttiva del danno si aggravi con il passare del tempo, secondo il fondamentale canone dell’articolo 2 della Costituzione,“..anche in tema di danno da ritardo è necessario valutare il comportamento dell’Amministrazione unitamente alla condotta dell’istante, il quale riveste il ruolo di parte essenziale e attiva del procedimento e in tale veste dispone di poteri idonei a incidere sulla tempistica e sull’esito del procedimento stesso, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giurisdizionali riconosciutigli dall’ordinamento giuridico, tra cui il rito del silenzio che deve essere attivato con tempestività rilevando, in difetto, come comportamento causalmente orientato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (art. 30 c.p.a.) in ordine all’accertamento della spettanza del risarcimento nonché alla quantificazione del danno risarcibile..” (cfr. T.A.R. Liguria, sez. II, 8 gennaio 2016, n. 4).
 

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Danno da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo

Published On: 10 Gennaio 2019

Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 2 gennaio 2019 numero 20, si è espresso in materia di danno da ritardo relativo ad un interesse legittimo pretensivo, individuando i presupposti per la risarcibilità del danno arrecato dall’esercizio non tempestivo della funzione amministrativa.
I Giudici di Palazzo Spada hanno in particolare dato continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui – ogniqualvolta il privato non censura la determinazione amministrativa che ha negato la spettanza del bene della vita, ma si lamenta unicamente del ritardo nella conclusione del procedimento – il risarcimento del danno da ritardo relativo all’interesse legittimo pretensivo del privato “…non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita ed è subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse; ciò in quanto l’entrata in vigore dell’ art. 2-bis della legge n 241 del 1990 non ha elevato a bene della vita, suscettibile di autonoma protezione mediante il risarcimento del danno, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa avulso da ogni riferimento alla spettanza dell’interesse sostanziale, al cui conseguimento il procedimento stesso è finalizzato” (cfr. sentenza, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834; sez. IV, 12 luglio 2018, n. 4260).
E ciò in quanto “..il principio generale dell’onere della prova, previsto nell’ art. 2697 c.c. , si applica anche all’azione di risarcimento per danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, con la conseguenza che spetta al danneggiato dare in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria e, quindi, del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario; ciò riguarda anche il danno da ritardo, atteso che la relativa pretesa risarcitoria va ricondotta allo schema generale dell’ art. 2043 c.c. , con conseguente applicazione rigorosa del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato circa la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito, con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito in generale dall’ art. 2697 comma 1, c.c. , opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento..” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 701).
Sicché, ai fini della risarcibilità del danno da ritardo per intempestiva emanazione del provvedimento amministrativo che ha (tardivamente) rigettato l’istanza del privato, quest’ultimo è tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti oggettivi del risarcimento invocato (ingiustizia del danno, nesso causale, prova del pregiudizio subìto), nonché quelli di carattere soggettivo (dolo o colpa della P.A.), con la precisazione che “..la valutazione di questi ultimi non può essere fondata soltanto sul dato oggettivo del procrastinarsi del procedimento amministrativo..” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 giugno 2018, n. 3730).
Infine, il Consiglio di Stato sul punto precisa ulteriormente che, in conformità ai principi solidaristici che informano l’ordinamento e che impongono di attivarsi nel limite di un apprezzabile sacrificio al fine di evitare che la situazione produttiva del danno si aggravi con il passare del tempo, secondo il fondamentale canone dell’articolo 2 della Costituzione,“..anche in tema di danno da ritardo è necessario valutare il comportamento dell’Amministrazione unitamente alla condotta dell’istante, il quale riveste il ruolo di parte essenziale e attiva del procedimento e in tale veste dispone di poteri idonei a incidere sulla tempistica e sull’esito del procedimento stesso, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giurisdizionali riconosciutigli dall’ordinamento giuridico, tra cui il rito del silenzio che deve essere attivato con tempestività rilevando, in difetto, come comportamento causalmente orientato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (art. 30 c.p.a.) in ordine all’accertamento della spettanza del risarcimento nonché alla quantificazione del danno risarcibile..” (cfr. T.A.R. Liguria, sez. II, 8 gennaio 2016, n. 4).
 

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