Cassazione: non é risarcibile a titolo ereditario il danno tanatologico

Published On: 31 Agosto 2018Categories: Diritti fondamentali della persona, Diritto civile, Europa, Tutele

La Cassazione Civile, con l’ordinanza numero 18555/2018, ha negato la risarcibilità iure haereditatis del danno tanatologico ossia del pregiudizio conseguente alla perdita della vita, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dall’evento lesivo.
La Suprema Corte, nello specifico, ha dichiarato inammissibile la richiesta di risarcimento dei danni formulata dagli eredi in seguito alla morte del de cuius, precisando che “…ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure haereditatis” di tale pregiudizio, in ragione  – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo…”.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia qui in rassegna, ha confermato l’orientamento già in precedenza espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 15350/2015, secondo il quale “…in materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente…”.
Sicchè – secondo i Giudici di legittimità – nel caso di specie non troverebbe accoglimento neppure la richiesta di risarcimento del danno morale catastrofale, determinato dalla sofferenza patita dal soggetto consapevole dell’incombente decesso.
La Corte ha precisato, infine, che non può essere invocato in senso contrario neppure il “diritto alla vita” di cui all’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) in quanto, “…tale norma, seppur di carattere generale e diretta a tutelare ogni possibile componente del bene vita, non detta specifiche prescrizioni sull’ambito e i modi in cui tale tutela debba esplicarsi, nè, in caso di decesso immediatamente conseguente a lesioni derivanti da fatto illecito, impone necessariamente al legislatore nazionale l’attribuzione della tutela risarcitoria, il cui riconoscimento in alcuni interventi normativi ha comunque carattere di specialità e tassatività, ed è inidoneo a modificare il vigente sistema della responsabilità civile, improntato al concetto di perdita-conseguenza e non sull’evento lesivo in sè considerato…”.
Tale norma infatti, non impone una tutela risarcitoria “in ogni caso” di perdita della vita nè, tantomeno, specifica l’ambito ed i modi in cui la stessa deve esplicarsi; sicchè spetterebbe comunque al legislatore nazionale regolare la materia in modo specifico e tassativo.

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Cassazione: non é risarcibile a titolo ereditario il danno tanatologico

Published On: 31 Agosto 2018

La Cassazione Civile, con l’ordinanza numero 18555/2018, ha negato la risarcibilità iure haereditatis del danno tanatologico ossia del pregiudizio conseguente alla perdita della vita, ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dall’evento lesivo.
La Suprema Corte, nello specifico, ha dichiarato inammissibile la richiesta di risarcimento dei danni formulata dagli eredi in seguito alla morte del de cuius, precisando che “…ove il decesso si verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure haereditatis” di tale pregiudizio, in ragione  – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo…”.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con la pronuncia qui in rassegna, ha confermato l’orientamento già in precedenza espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 15350/2015, secondo il quale “…in materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente…”.
Sicchè – secondo i Giudici di legittimità – nel caso di specie non troverebbe accoglimento neppure la richiesta di risarcimento del danno morale catastrofale, determinato dalla sofferenza patita dal soggetto consapevole dell’incombente decesso.
La Corte ha precisato, infine, che non può essere invocato in senso contrario neppure il “diritto alla vita” di cui all’articolo 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) in quanto, “…tale norma, seppur di carattere generale e diretta a tutelare ogni possibile componente del bene vita, non detta specifiche prescrizioni sull’ambito e i modi in cui tale tutela debba esplicarsi, nè, in caso di decesso immediatamente conseguente a lesioni derivanti da fatto illecito, impone necessariamente al legislatore nazionale l’attribuzione della tutela risarcitoria, il cui riconoscimento in alcuni interventi normativi ha comunque carattere di specialità e tassatività, ed è inidoneo a modificare il vigente sistema della responsabilità civile, improntato al concetto di perdita-conseguenza e non sull’evento lesivo in sè considerato…”.
Tale norma infatti, non impone una tutela risarcitoria “in ogni caso” di perdita della vita nè, tantomeno, specifica l’ambito ed i modi in cui la stessa deve esplicarsi; sicchè spetterebbe comunque al legislatore nazionale regolare la materia in modo specifico e tassativo.

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