Dialogo fra le Corti e obbligo di rinvio pregiudiziale

Published On: 16 Gennaio 2018

La Prima Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza qui in rassegna, si è pronunziata in sede di rinvio pregiudiziale nella causa C-322/16, promossa dal Consiglio di Stato con Ordinanza del 4 febbraio 2016, nell’ambito della controversia intentata dalla Global Starnet Ltd – assistita dagli Avvocati B. Carbone, Carmelo Barreca, Stefano Vinti ed Andrea Scuderi – nei confronti dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato ed altri, avente ad oggetto la conformità o meno al Diritto dell’Unione di alcuni dei nuovi requisiti per la gestione telematica del gioco lecito introdotti con l’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n.220, intitolata “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2011).
Il Supremo Consesso, rispondendo al primo dei quesiti posti dal Giudice nazionale del rinvio, ha anzitutto affermato importanti principi in materia di “dialogo fra le Corti”.
Richiamandosi alla propria sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14 (punti 34 e seguenti), la Corte ha in particolare rammentato come il funzionamento del sistema di cooperazione tra essa e i giudici nazionali istituito dall’articolo 267 TFUE, e il principio del primato del diritto dell’Unione esigano che il giudice nazionale sia libero di sottoporre alla Corte, in qualsiasi fase del procedimento che reputi appropriata, ed anche al termine di un procedimento incidentale di controllo di costituzionalità, qualsiasi questione pregiudiziale che esso consideri necessaria.
E ciò, per l’appunto a presidio del principio della primauté del diritto eurounitario la cui efficacia “…rischierebbe di essere compromessa e l’effetto utile dell’articolo 267 TFUE risulterebbe sminuito se, a motivo dell’esistenza di un procedimento di controllo di costituzionalità, al giudice nazionale fosse impedito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte e di dare immediatamente al diritto dell’Unione un’applicazione conforme alla decisione o alla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata)…”.
Sicchè, prosegue la Corte, se pure “.. è vero che il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari a questi ultimi per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere, ciò non toglie che, quando non sia esperibile alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, qualora venga sollevata dinanzi ad esso una questione di interpretazione del diritto dell’Unione (v. sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 37)..”.
Sulla base di tali coordinate, la Corte di Giustizia è dunque pervenuta alla conclusione che non osti in alcun modo al rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia, la circostanza che nell’ambito della controversia “a quo” sia intervenuta, come nella specie era avvenuto, la Corte costituzionale italiana per pronunziarsi sulla conformità delle medesime disposizioni di diritto nazionale che pongono questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione, rispetto a disposizioni della Costituzione italiana che sono state ritenute, in sostanza, “..corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali..”.
Dovendosi invero interpretare l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE “..nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione…”.
Quanto alla seconda questione pregiudiziale posta dal Giudice del rinvio, la Corte di Giustizia ha affermato che: “Gli articoli 49 e 56 TFUE nonché il principio del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni per l’esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente, laddove il giudice del rinvio concluda che tale normativa può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccede quanto è necessario per raggiungerli”.
 
Leggi il testo di  CGE_Sentenza Global Starnet_ C-322_16

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Dialogo fra le Corti e obbligo di rinvio pregiudiziale

Published On: 16 Gennaio 2018

La Prima Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza qui in rassegna, si è pronunziata in sede di rinvio pregiudiziale nella causa C-322/16, promossa dal Consiglio di Stato con Ordinanza del 4 febbraio 2016, nell’ambito della controversia intentata dalla Global Starnet Ltd – assistita dagli Avvocati B. Carbone, Carmelo Barreca, Stefano Vinti ed Andrea Scuderi – nei confronti dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato ed altri, avente ad oggetto la conformità o meno al Diritto dell’Unione di alcuni dei nuovi requisiti per la gestione telematica del gioco lecito introdotti con l’articolo 1 della legge 13 dicembre 2010 n.220, intitolata “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2011).
Il Supremo Consesso, rispondendo al primo dei quesiti posti dal Giudice nazionale del rinvio, ha anzitutto affermato importanti principi in materia di “dialogo fra le Corti”.
Richiamandosi alla propria sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14 (punti 34 e seguenti), la Corte ha in particolare rammentato come il funzionamento del sistema di cooperazione tra essa e i giudici nazionali istituito dall’articolo 267 TFUE, e il principio del primato del diritto dell’Unione esigano che il giudice nazionale sia libero di sottoporre alla Corte, in qualsiasi fase del procedimento che reputi appropriata, ed anche al termine di un procedimento incidentale di controllo di costituzionalità, qualsiasi questione pregiudiziale che esso consideri necessaria.
E ciò, per l’appunto a presidio del principio della primauté del diritto eurounitario la cui efficacia “…rischierebbe di essere compromessa e l’effetto utile dell’articolo 267 TFUE risulterebbe sminuito se, a motivo dell’esistenza di un procedimento di controllo di costituzionalità, al giudice nazionale fosse impedito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte e di dare immediatamente al diritto dell’Unione un’applicazione conforme alla decisione o alla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata)…”.
Sicchè, prosegue la Corte, se pure “.. è vero che il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari a questi ultimi per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere, ciò non toglie che, quando non sia esperibile alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, qualora venga sollevata dinanzi ad esso una questione di interpretazione del diritto dell’Unione (v. sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 37)..”.
Sulla base di tali coordinate, la Corte di Giustizia è dunque pervenuta alla conclusione che non osti in alcun modo al rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia, la circostanza che nell’ambito della controversia “a quo” sia intervenuta, come nella specie era avvenuto, la Corte costituzionale italiana per pronunziarsi sulla conformità delle medesime disposizioni di diritto nazionale che pongono questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione, rispetto a disposizioni della Costituzione italiana che sono state ritenute, in sostanza, “..corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali..”.
Dovendosi invero interpretare l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE “..nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione…”.
Quanto alla seconda questione pregiudiziale posta dal Giudice del rinvio, la Corte di Giustizia ha affermato che: “Gli articoli 49 e 56 TFUE nonché il principio del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni per l’esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente, laddove il giudice del rinvio concluda che tale normativa può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccede quanto è necessario per raggiungerli”.
 
Leggi il testo di  CGE_Sentenza Global Starnet_ C-322_16